martedì 22 aprile 2008

4 mesi, 3 settimane e 2 giorni

4 Mesi, 3 Settimane e 2 Giorni è il crudo e diretto film di Cristian Mungiu che, con la sua critica alla realtà rumena nel regime di Ceausescu, ha vinto la palma d'oro al festival di Cannes 2007. Si tratta di una ricostruzione della società e dell'esperienza del singolo in una Romania priva di libertà durante il regime comunista, il tutto reso pellicola e fatto conoscere  al mondo attraverso le sale internazionali. Il regista lascia alla politica un luogo di sfondo e di cornice, tanto che il regime riesce a passare inosservato raggiungendo lo spettatore indirettamente, in modo subdolo e manipolatore così come lo stesso sistema imponeva. Il comunismo è presente, ma è impossibile segnalarlo direttamente col dito. Ci raggiunge in ogni movimento ed in ogni battuta, in modo discreto e forse per alcuni spettatori anche troppo silenzioso. Otilia e Gabjta sono le giovani protagoniste di questa lotta contro il tempo che passa rapido e inesorabile: quattro mesi, tre settimane e due giorni sono già trascorsi, aumentando il rischio per Gabjta di non poter abortire il bambino che non vuole ad ogni costo. La scelta di un carnefice disposto a tutto e di un luogo in cui portar a termine l'aborto, la ricerca dei soldi per pagare intervento e hotel sono tutti frammenti. Si susseguono nella narrazione scarna, senza intermediari e quasi priva del trasparire di emozioni. La paura di morire rimane in secondo piano per gran parte del film: l'importante è concludere l’operazione e, soprattutto, non essere scoperti. Nel corso della pellicola, che inizialmente ci mostra un atteggiamento dei personaggi mirato solo all'effettività e al compimento dell'interruzione della gravidanza, poco a poco emerge il terrore proveniente dagli occhi di Otilia: assistendo l'amica durante l'aborto, la ragazza è sempre più consapevole del rischio e della morte. L'apice del racconto è raggiunto quando Otilia si trova di fronte ai terribili resti del feto, sul pavimento del bagno, buttato tra gli stracci: qui il tempo si ferma sulla presa di coscienza dell'orrore. Questo scorcio di Storia ripreso dalla telecamera di Mungiu si inserisce dentro a un ciclo di racconti "Tales from the Golden Age" in cui, partendo da esperienze del singolo, viene ricostruita l'epoca che precede la fine del comunismo in Romania, di Ceausescu appunto. Il mancato giudizio sul regime potrebbe essere travisato e giudicato come una dimenticanza grave oppure un limite stesso del film, ma è necessario ribattere sul fatto che questo silenzio è cercato espressamente dal regista il quale riesce a marcare la sensazione di oppressione e di impossibilità di comunicazione durante gli anni della dittatura. La libertà è lontana dalle scelte personali che quindi si disumanizzano e fanno apparire le due donne, a prima vista, impassibili e determinate. È in questo periodo di transizione, ancora dentro alla cornice dittatoriale, che si svolge la vicenda, in cui si raggira “l'ostacolo gravidanza” freddamente e il più efficientemente possibile. Il dramma dell'aborto qui terminato in tragedia solo per il feto e non per la madre evidenzia la posizione de regista: Mungiu non condanna l'atto e si mette dalla parte delle giovani. Non infligge loro maggiore sofferenza oltre a quella che sono già costrette a sopportare. Si schiera liberamente dalla loro parte, non della loro scelta. La punizione per le due ragazze rimane l'aborto stesso: l'atto compiuto non le risparmierà. Anzi, lascerà una grave e profonda ferita che cercheranno di richiudere evitando di parlare ulteriormente del tema. Proveranno a cancellarlo dimenticando tutto, ma l'esito ottenuto sarà per sempre la loro condanna. La pellicola si chiude così, lasciando un profondo senso di vuoto, e badando bene dal voler giudicare quella che continua ad essere una scelta libera e incontrollabile.


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