lunedì 25 febbraio 2008

Ciudad Juarez: dar voce del silenzio.

Ciudad Juarez, Chihuahua, Messico, continua a mantenere un triste primato: la città più pericolosa al mondo per una giovane donna. È dal 1993 che in questo luogo di confine con gli Stati Uniti d’America si susseguono spietati femminicidi, e il 2008 non ha portato buone nuove, registrandosi dall’inizio dell’anno, quindi in soli due mesi, già 12 assasini.

L’ atroce e spietata matanza conta cifre sproporzionate, 460 crimini e 600 donne scomparse, per un totale che, anche se impreciso, evidenzia l'entità del pericolo: 1060 ragazze in 15 anni, tutte d’età compresa tra i 10 e i 35 anni, tutte, di bassa estrazione sociale, molte di loro more e con i capelli lunghi, lavoratrici, operaie la maggior parte, che hanno ricevuto visita dal loro assassino la mattina prima di entrare al lavoro o la sera tornando a casa. Con esattezza 300 delle assassinate sono morte nello stesso identico modo, secuestrate, torturate, violentate, mutilate e strangolate, come solo in un film dell'orrore è possibile rappresentare.

La sicurezza della città non è migliorata in seguito al primo omcidio del 1993: a riaffermarlo sono le giovani trovate senza vita in questa prima parte dell’anno 2008, 12 persone, l’ultima vittima annunciata dall’Universal, quotidiano messicano, la cui descrizione dei fatti riconduce all’ormai troppo conosciuto rituale, oltre ad essere specificato sul quotidiano che si tratta della morte numero 423 nella città di Juarez.

Terribile conteggio, che è impensabile tacere e le cui imprecisioni sottolineano la confusione che si è voluta creare di proposito intorno al fenomeno. Per portare l’opinione pubblica ad una riflessione, alla ricerca di risposte e alla pretensione di una presa di posizione immediata da parte della classe dirigente libera da corruzioni e patti mafiosi, è necessario che la realtà di Juarez venga sbattuta in faccia a coloro che la tacciono e nascondono. L’unica speranza è quella che potrebbe giungere dalla sensibilizzazione di uomini fuori da ogni circolo di potere macchiato dalla cooperazione con bande illegali e malavitose.

La speranza delle donne che da anni ormai vivono nella paura, è far conoscere il tragico svolgersi degli eventi, con l’aiuto di organizzazioni internazionali, associazioni create per rompere il silenzio, associazioni delle stesse madri delle vittime Nuestras hijas de regreso a casa (Le nostre figlie di ritorno a casa), ma anche, nonostante si tratti solo di un piccolo contributo, dell’industria cinematografica: questa ha fatto in modo che l’orrore del Messico si conoscesse a livello internazionale in modo, spesso, più efficace proprio perché in grado di raggiungere le masse. “Ciudad del Silencio” , la pellicola che vede come protagonisti Jennifer Lopez e Antonio Banderas, nonostante i molti difetti attibuiti, un pregio certamente lo ha avuto: quello di parlare delle ragazze di Juarez, che da anni sono trattate come spazzatura senza importanza, oggetto di divertimento e perversione di uomini potenti nascosti nell’anonimato concessogli dalla posizione privilegiata.

Il silenzio che occulta questa strage ora fa rumore. La corruzione del paese e delle lobby che lo governano hanno taciuto e passato in sordina una situazione che ora sta sfuggendo di mano e che non si riuscirà a nascondere per sempre, soprattutto se le morti continueranno a sommarsi a quelle già avvenute. È evidente ormai che i colpevoli sono molti di più di quanti fino ad ora riconosciuti e indicati come capi espiatori, maggiori sono i sospetti riversatosi sugli uomini di potere implicati con interessi perversi causa della fine di troppe vite e dell'uso di giovani donne, considerate nullità, diventate oggetti di cui disporre in qualsiasi momento. 

El Universal - Luis Carlos Cano corresponsal

Marisela Ortiz, dell'organizzazione non governamentale Nuestras Hijas de Regreso a Casa, dichiarò: “la impunidad es generada por el gobierno y autoridades encargadas de procurar e impartir justicia, por lo que en esta ciudad los homicidas creen que tienen derecho para matar a una mujer por el hecho de ser mujer, y no por causa de la influencia de estupefacientes, como ellos dicen” spiega.

“Nosotros, como organización, podemos darle algunas ideas a las autoridades que ayudarían a reducir la violencia doméstica en Ciudad Juárez y es mejor que pregunten, para que se convenzan de que sí hay manera de incidir en eso que ocurre entre cuatro paredes, y que provoca la violencia”.

Segnala che “cada vez más nos llenamos de coraje y de impotencia al ver cómo en algunos medios de comunicación, al igual que nuestras autoridades, siguen disculpando a quienes cometen estos crímenes, ya que cuando no es que el hombre estaba drogado, o ebrio, la mujer era una prostituta o llevaba doble vida”, conclude così Marisela Ortiz, il suo intervento sul tema, cercando di sensibilizzare alla ricerca di un colpevole, dei colpevoli, che vengono protetti e discolpati i tutti i modi. 


(Sto cercando un altro film sul tema: La virgen de Juarez - La vergine di Juarez, che a quanto pare è antecedente a Ciudad del silencio. Voi l'avete visto?)

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